3. Quanti sono e chi sono i ricercatori

La tabella seguente mostra l’evoluzione del numero di ricercatori (in migliaia) e della frazione di ricercatori ogni mille abitanti tra il 1981 e 2015. La prima cosa che salta agli occhi è che il numero di ricercatori ogni mille abitanti in Italia è circa la metà che in altre nazioni evolute del mondo occidentale, ed è poco consolante il fatto che nel recente passato il confronto era addirittura peggiore. È da dotare come la frazione di ricercatori per numero di abitanti sia molto simile in Francia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito, e che sia anche cresciuta in modo simile dal 1981 al 2015. In Cina il primo dato disponibile risale al 1991, e da quell’anno al 2015 il numero di ricercatori per mille abitanti è circa triplicato. Oggi in Cina c’è un numero di ricercatori per 1000 abitanti circa metà che in Italia, e un numero simile all’Italia di soli quindici anni fa.

La tabella mostra anche, per il 2015, la divisione tra ricercatori che agiscono nel pubblico (Università, enti di ricerca pubblici, agenzie governative) e nelle imprese (la tabella non riporta una piccola frazione di ricercatori impegnati in fondazioni private o altro tipo di associazioni di diritto privato). Per l’Italia la tabella riporta dati da due fonti differenti, la prima (MSTI) è la stessa utilizzata anche per gli altri paesi, la seconda è il Conto Annuale della Ragioneria Generale dello stato. Il confronto tra le due stime può dare un’idea dell’incertezza sulle cifre (tra il 10% e il 15%). Oggi in Italia la maggior parte della ricerca si fa nel pubblico. Se si considerano solo i ricercatori pubblici, il loro numero ogni 1000 abitanti non è troppo più piccolo di quello di Francia e Germania e addirittura maggiore che negli Stati Uniti. Il confronto tra Italia e altre nazioni diventa invece impietoso se si considerano i ricercatori che agiscono nelle imprese private. Negli Stati Uniti si raggiunge l’estremo per cui per ogni ricercatore pubblico ce ne sono quasi tre che lavorano nel privato (un numero circa quattro volte di maggiore che in Italia). La prima e ovvia conclusione è che il sistema ricerca in Italia è debole rispetto ad altri paesi avanzati, e che il particolare è debolissimo per quanto riguarda il settore privato.

Tabella 2. Numero di ricercatori (FTE) in migliaia e numero di FTE ogni 1000 abitanti

Anno Italia Francia Germania UK USA Cina
2015 Totale 126 – 2.1 278 – 4.1 388 – 4.7 284-4.4 1380 – 4.3 1619 – 1.1
2015 Imprese 51 -0.84 166 – 2.5 231 – 2.8 106 – 1.6 981 – 3.1  
2015 Pubblico 71 – 1.2 109 – 1.6 157 – 1.9 175 – 2.7 329 – 1.0  
2015 Pubblicoa 82          
2001 Totale 67 – 1.2 177 – 2.9 264 – 3.2 182 – 3.1 1013 -3.6 743- 0.58
1991 Totale 75 – 1.3 130 – 2.2 242 – 3.0 128 -2.2 745 – 2.9 471 – 0.41
1981 Totale 52 -0.92 86 – 1.6 128 – 2.0 127 – 2.2 531 – 2.3  –

Fonti: MSTI 2018, NSB-SEI 2018. aFonte Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato: http://www.contoannuale.tesoro.it/cognos1022/cgi-bin/cognosisapi.dll

È interessante incrociare i dati presentati nella tabella precedente con quelli della Tabella 1 che presentava l’investimento in ricerca e sviluppo negli stessi paesi. In Italia nel 2015 ogni ricercatore aveva a disposizione in media circa 200.000$ l’anno (e la cifra è sostanzialmente simile tra pubblico e privato). In Francia 200.000$, Germania 260.000$, UK 147.000$, USA 330.000$ e in Cina 230.000$. Queste cifre includono oltre allo stipendio del ricercatore, gli stipendi del personale tecnico/amministrativo di supporto, i costi delle strutture e delle infrastrutture di ricerca, i finanziamenti alla ricerca di base. È importante notare che come discuteremo nel prossimo capitolo oggi la scienza procede per lo più attraverso Grandi Progetti, il cui costo è corrispondentemente grande. Questo costo incide grandemente sulla media, motivo per il quale i fondi che un singolo ricercatore si trova effettivamente a poter utilizzare è molto minore delle medie riportate sopra. In termini di $ rivalutati, la spesa per ricercatore negli Stati Uniti e in Italia è stata circa costante negli ultimi 40 anni, mentre è scesa di circa il 40% in Francia e Regno Unito e del 50% in Germania. I ricercatori Europei, in media, hanno quindi oggi meno risorse dei loro colleghi di 40 anni fa. Uno dei risultati di questo trend è lo sviluppo di un effetto di selezione naturale tra i ricercatori (la stessa lotta per la sopravvivenza che accade in una colonia di batteri quando vengono diminuite le risorse, tornerò su questo punto più avanti). I numeri riportati nella tabella precedente sono riferiti a tutti i ricercatori e le ricercatrici. Includono tutti i settori (Fisica, Matematica, Informatica, Scienza Naturali, Ingegneria, Scienze Umane e Psicologia) e includono qualsiasi tipo di contratto, quindi contratti a tempo indeterminato e contratti a termine (Post-docs, e posizioni di supporto alla ricerca, contratti a progetto, le posizioni che gli statunitensi chiamano “soft money”). Questi contratti a termine (CaT per brevità) spesso non sono completamente rappresentativi del mondo accademico in tutta la sua complessità, perché mancano di sicurezza, e soprattutto d’indipendenza (un post-doc o un contrattista a progetto spesso devono impegnare grandi frazioni del loro tempo se non tutto, al progetto o al tutore, e quindi non hanno generalmente la possibilità di elaborare i loro progetti indipendenti da quello che gli fornisce lo stipendio). È quindi interessante confrontare anche la percentuale di staff di ricerca (ricercatori a tempo indeterminato) su CaT in Italia verso quello che succede in altri paesi occidentali evoluti.

Tabella 3. Numero di ricercatori e di graduati al livello di dottorato di ricerca in migliaia

  Italiaa Franciab Germaniac UKd USAe
Staff 60.7 74.0 39.3 116.1 227.7
CaT 20.9 31.0 117.0 52.1 101.6
CaT/Staff 34.4% 41.9 % 297.7% 44.9% 44.6 %
Dottorati di ricercaf 10.4 13.4g 29.2 26.4 54.9
PhD/anno/staff/40 7.1 7.1 30.3 9.1 10.0

a2015, Fonti: Conto Annuale della Ragioneria generale dello Stato: http://www.contoannuale.tesoro.it/cognos1022/cgi-bin/cognosisapi.dll.

ANVUR, Rapporto Biennale sullo Stato del Sistema Universitario e della Ricerca 2018 http://www.anvur.it/archivio-documenti-ufficiali/rapporto-biennale-sullo-stato-del-sistema-universitario-e-della-ricerca-2018/ Staff include Professori Ordinari, Professori Associati Ricercatori Universitari, Ricercatori, Primi Ricercatori, Dirigenti di Ricerca, Tecnologi, Primi Tecnologi, Dirigenti Tecnologi negli Enti di Ricerca. Circa i CaT Le due fonti riportano i contratti a tempo determinato per le Università e gli Enti di Ricerca, e gli Assegni di Ricerca per le Università. Per gli Enti di Ricerca abbiamo assunto un numero di Assegni di Ricerca o altre forme di contratto di lavoro flessibile pari al numero di contratti a Tempo Determinato. Questa assunzione è corroborata dai dati presentati nei Piani Triennali dei maggiori enti di Ricerca (CNR, INFN, INAF), che presentano un numero di contratti di ricercatore o tecnologo a tempo determinato circa uguale al numero di contratti di lavoro flessibile di altro tipo (Assegno di Ricerca, Borsa di Studio, altro).

b 2014, Fonte:ÉTAT DE L’ENSEIGNEMENT SUPÉRIEUR ET DE LA RECHERCHE, 2017:http://www.enseignementsup-recherche.gouv.fr/cid115635/l-etat-de-l-enseignement-superieur-et-de-la-recherche-en-france-n-10-avril-2017.html. Staff include Professors, Maitre de Conferences e altro staff accademico con contratto permanente. 

c2015, Fonti: Federal Statistical Office

https://www-genesis.destatis.de/genesis/online/logon?language=en, Bundesbericht Wissenschaftlicher Nachwuchs 2017 http://www.buwin.de . Staff include W3, C4, W2, C3, C2, e altro staff accademico con contratto permanente.

d2015, Fonti: Higher Education Statistics Agency https://www.hesa.ac.uk. Staff include Professors Senior Lecturers, Senior Researches, Lecturers, altro staff accademico con contratto permanente.

e2015, Fonte National Science Foundation, Science & Engineering Indicators 2018 https://www.nsf.gov/statistics/2018/nsb20181/. Staff include Full Professors, Associate Professors, Assistant Professors. CaT include Post-docs, research associates, and lecturers.

f2015, Fonte MSTI

g2013, Fonte MSTI

La tabella mostra come la frazione di contratti a termine su contratti a tempo indeterminato dei ricercatori sia tra il 34% e il 45% in Italia, Francia, UK e USA (da notare che l’incertezza su queste valutazioni è probabilmente dell’ordine di grandezza della differenza tra il minimo e il massimo). L’unico dato significativamente differente dalla media è quello tedesco, dove il rapporto è sostanzialmente invertito, con circa 3 CaT per ogni contratto a tempo indeterminato. Questa criticità del sistema tedesco è di lunga data,  è ben nota e ampiamente discussa negli ultimi anni[1]. Il governo tedesco nel 2016 ha cercato di mettere in campo iniziative per invertire la tendenza, stanziando un miliardo di euro per finanziare 1000 tenure-tracks in 15 anni. L’entità del provvedimento rispetto alla grandezza del problema è stata però soggetto di forti critiche[2]. Il caso tedesco è chiaramente peculiare, e probabilmente è sostenibile solo grazie al fatto che la Germania spende in ricerca quasi il 3% del PIL, in termini assoluti quasi 100 miliardi di euro ogni anno, circa due terzi dei quali da parte di industrie e imprese private, che quindi hanno una grande capacità di assorbire personale in uscita dalle Università e dai centri di ricerca pubblici, alla fine dei loro CaT.

Ma anche in Italia, Francia, UK e USA il sistema di arruolamento è sbilanciato verso una frazione di CaT molto elevata. La tabella riporta anche il numero di studenti che hanno ottenuto un dottorato di ricerca nel 2015 (un numero che è, per altro, in costante crescita negli ultimi anni). Il numero di nuovi dottori di ricerca può essere confrontato con il numero di posizioni a tempo indeterminato che si dovrebbero aprire ogni anno assumendo un profilo di crescita zero dei ricercatori nelle Università e negli enti di ricerca pubblici. Se si assume una vita lavorativa media è di circa 40 anni, ogni 1000 staff producono in media 25 pensionamenti l’anno. La tabella riporta quindi il rapporto tra il numero di nuovi dottori di ricerca l’anno e il numero di staff/40. Se si assume che il numero di ricercatori non cresca nel tempo, solo uno tra sette o dieci nuovi dottori di ricerca troverà lavoro presso Università ed enti di ricerca in Italia, Francia, UK e USA, e addirittura circa uno su trenta in Germania. E ovviamente, il tempo che intercorrerà tra dottorato di ricerca e impiego fisso sarà comparabilmente lungo, almeno tra 5 e 15 anni. Un risultato naturale della attuale scarsa e cattiva capacità di assorbire dottori di ricerca da parte del sistema Universitario e dei centri di ricerca pubblici è che i migliori studenti saranno attratti altrove. Questo effetto è anche esacerbato dalla poca competitività degli stipendi nelle Università e negli enti di ricerca pubblici rispetto al privato. A parità di educazione (dottorato di ricerca), negli Stati Uniti gli scienziati impiegati nelle Università guadagnano meno degli ingegneri e dei ricercatori informatici, ma anche dei medici e degli avvocati (100% e 50% in meno, rispettivamente). Quello che è ancora peggio è che il divario si è cresciuto stabilmente dagli anni ’60. Una situazione simile è presente anche in Europa.


Prossima pubblicazione: 2 febbraio 2020. 4. La produzione scientifica


[1] Bundesbericht Wissenschaftlicher Nachwuchs 2013 http://www.buwin.de

[2] https://academialeaks.wordpress.com/2016/06/02/new-german-federal-program-funds-only-1000-tenure-track-professorships/)