6. Spazio (4.0): l’ultima frontiera

La decrescita dell’intensità di spesa in ricerca e innovazione nel mondo occidentale, e l’apparente scarsa capacità dell’innovazione a curare le disuguaglianze sociali desta preoccupazione. La scienza ha visto uno enorme sviluppo dopo la Grande Guerra, e addirittura uno sviluppo esponenziale dopo la seconda guerra mondiale. Assieme a molti scienziati della mia generazione e di quelle subito precedenti o seguenti, ho visto questo sviluppo della scienza con un fatto del tutto naturale, indispensabile, non questionabile. Alla luce di quello che sta succedendo oggi nel mondo occidentale è invece lecito chiedersi se questo periodo di crescita non sia in realtà atipico. E che stagnazione o addirittura un ridimensionamento della scienza non siano quello che ci prospetta il futuro. Dopo tutto, quando l’Uomo arrivo sulla Luna il 20 luglio 1969 tutti pensavamo che i decenni successivi avrebbero visto astronavi sfrecciare per tutto il Sistema Solare, costruire basi sulla Luna, colonizzare Marte, sfruttare le risorse minerarie della Luna e degli asteroidi. E chissà quant’altro. E invece cinquanta anni dopo il primo l’allunaggio siamo ancora costretti ad appena 500km dalla superficie della terra. La nazione che ci ha portato sulla Luna negli anni ’60 oggi, 2019 non ha la capacità di spedire uomini o donne in orbita terrestre, e deve affittare passaggi dallo storico competitore, o da quello che ne rimane, la Russia. Se gli Stati Uniti torneranno ad avere la capacità di lanciare in orbita astronauti nel prossimo futuro, sarà grazie ad imprese private come Space-X e Boeing. I primi viaggi delle navicelle private verso la stazione spaziale sono previsti per il 2020. Se così sarà, il cinquantenario della conquista della luna sarà festeggiato col ritorno nello spazio di astronauti americani con navicelle americane dopo 9 anni dall’ultima missione dello Space Shuttle, veramente una magra consolazione (e non si può non notare che i motori che alimentano il razzo Atlas V di United Launch Alliance che porterà nello spazio la navicella della Boeing, la Starliner CST100, sono di produzione Russa. Il nuovo vettore di ULA che utilizzerà motori americani, il Vulcan, sarà pronto solo per i primi anni del prossimo decennio. Il che lascia solo la navicella Crew Dragon, lanciata dal Falcon9 di SpaceX l’unico sistema navicella/vettore qualificato per il lancio di astronauti completamente e sovranisticamente americano a tutt’oggi).

Nel capitolo precedente abbiamo mostrato come l’intensità di spesa pubblica in alcuni grandi paesi orientali è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni o sia comunque molto alta.  Ma a prescindere dai numeri, che certamente sono fondamentali ma freddi, è importante la percezione che oggi in occidente abbiamo degli sviluppi scientifici in oriente in generale e in Cina in particolare. Nel mio campo specifico di lavoro, la fisica spaziale, i progressi compiuti dalla Cina negli ultimi venti anni sono decisamente spettacolari. La Cina ha lanciato il suo primo satellite nello spazio il 24 aprile 1970, e nel marzo 2019 ha eseguito il suo trecentesimo lancio. Ci sono voluti 37 anni per effettuare i primi 100 lanci, 8 anni per effettuare i secondi cento e solo 4 per gli ultimi 100 lanci. E nel futuro questo ritmo crescerà ulteriormente. La Cina ha lanciato nello spazio il primo equipaggio umano solo nel 2003, ha sviluppato una sua prima stazione spaziale, la Tiangong 1 in funzione dal 2011 al 2013 e rientrata spettacolarmente sulla terra il 2 aprile del 2018. Una seconda stazione spaziale più grande, sul modello della gloriosa MIR russa degli anni 80’ è in via di sviluppo e il suo lancio è previsto entro un paio d’anni. Tra il 2015 e il 2016 la Cina ha lanciato il primo gruppo di quattro satelliti per scienza spaziale. Il primo, DAMPE, o Wukong in Cinese, che può essere tradotto con “comprensione del vuoto”, è dedicato alla ricerca della elusiva materia oscura, e in particolare di dei cosi detti WIMPs (weakly interacting massive particles) tramite la osservazione di elettroni e positroni fino ad energie di circa 5 TeV (tera electron volt, per confronto, i raggi X utilizzati nelle radiografie hanno energie di qualche keV, kilo electron volt, quindi sono circa un miliardo di volte meno energetici. I fotoni gialli della luce del sole hanno energia di circa 0.01 eV e quindi sono 5´1014 volte meno energetici). Per confronto, lo strumento AMS2 sulla Stazione Spaziale Internazionale misura elettroni e positroni fino ad energie di 1 TeV. Se la materia oscura è veramente formata da WIMPs, queste particelle si dovrebbero occasionalmente scontrare e quindi annichilarsi, formando coppie elettrone-positrone. Queste coppie formano un eccesso verso l’abbondanza di elettroni e positroni formati da oggetti convenzionali. Lo scorso anno i risultati dei primi 500 giorni di osservazioni sono stati pubblicati su un articolo sulla rivista Nature[1] che ha attratto molto interesse, per la conferma di una possibile struttura nello spettro degli elettroni e positroni a circa 0.9 TeV. La struttura andrà confermata con nuovi dati, e anche se dovesse essere vera può avere interpretazioni astrofisiche. Non di meno, questo risultato mostra come oggi in questo campo la Cina sia assolutamente all’avanguardia. Il secondo satellite, Shijian-10, ha ospitato esperimenti di fisica e biologia in condizioni di microgravità, ha funzionato per qualche settimana ed è poi stato recuperato sulla terra con il suo carico utile di esperimenti. Il terzo satellite è forse il più interessante e innovativo. QUESS (quantum science satellite) è il primo satellite al mondo per esperimenti di meccanica quantistica.  È stato concepito e disegnato per verificare leggi fondamentali di meccanica quantistica e per verificare comunicazioni ultrasicure che hanno alla base la crittografia quantistica. Lo scorso anno QUESS ha infranto il record di distanza per teletrasporto quantistico, aumentandolo di ben 14 volte, da 100 a 1400 km. QUESS è anche stato usato per trasmettere fotoni a Pechino e Vienna generando chiavi di crittografia quantistica che consentivano ai team di scienziati di chattare e comunicare in video con totale sicurezza. Infatti, siccome il rilevamento dei fotoni da parte di spie disturberebbe gli stati quantici dei fotoni stessi, i potenziali hacker non possono intercettare le chiavi senza che le loro attività vengano notate. Il gruppo di ricercatori cinesi con a capo Pan Jian-Wei che ha realizzato QUESS, è quindi all’avanguardia nello sviluppo di un internet quantistico: una rete di satelliti e apparecchiature a terra che potrebbero condividere le informazioni quantistiche in tutto il mondo in modo completamente sicuro. Si capisce come negli Stati Uniti questo tipo di sviluppi siano visti con enorme apprensione, dato che questa tecnologia è oggi posseduta non da loro ma dai competitori cinesi.

È decisamente istruttiva la storia di Pan Jian-Wei, il PI (Principal Investigator) di QUESS, il più giovane ricercatore mai insediato nella China Academy of Science. Pan Jian-Wei conseguì il dottorato di ricerca presso l’Università di Vienna sotto la supervisione di Anton Zeilinger, uno dei padri degli esperimenti su stati entangled e teletrasporto quantistico. Rientrato in Cina a 38 anni nel 2008 riesce a convincere il suo governo a finanziare esperimenti di fisica davvero molto fondamentale, stiamo parlando di meccanica quantistica e teletrasporto quantistico. Riesce perfino a convincere il governo a spendere cifre considerevoli, circa 100 milioni di $, per estendere questi esperimenti fuori dai laboratori terrestri, sviluppando un satellite artificiale, QUESS. Come ricaduta, oggi la Cina possiede la tecnologia per rendere completamente sicure le sue comunicazioni. Davvero un evidente caso di fruttuoso rientro dei cervelli. 

Il quarto satellite del programma è stato HXMT, il primo osservatorio spaziale Cinese per raggi X. È interessante notare come lo strumento principale di HXMT è derivato dallo strumento PDS (Phoswitch Detection System) sviluppato e costruito in Italia per il satellite BeppoSAX negli anni 90’.

L’esplorazione del sistema solare da parte di sonde cinesi procede con simile lena. Nel dicembre 2013 il rover Yutu che faceva parte della missione Chang’e 3 è stato il primo veicolo ad allunare dopo le missioni statunitensi e russe degli anni 70’. Il 2 gennaio 2019 la sonda Chang’e 4 è allunata per la prima volta della storia sulla faccia nascosta della luna.

Chang’e 5 nel 2020 sarà la prima missione di “sample return” della Cina e la prima missione di sample return dalla Luna dal 1976 (la missione Luna 24 dell’Unione Sovietica). Chang’e 5 sarà lanciato con nuovo razzo cinese Lunga Marcia 5. Un booster di 5 metri di diametro con una capacità di lancio simile a quella dello Space Shuttle (circa 4 volte minore del Saturn V che porto l’uomo sulla luna nel 1969). Per la fine del 2020 è prevista la prima missione umana cinese sulla luna. Questa missione dovrebbe beneficiare di un nuovo grande lanciatore, il Lunga Marcia 9, con un diametro di 10m e una capacità di lancio simile al Saturn V.

Sempre nel 2020 e sempre con un Lunga Marcia 5 la Cina manderà su Marte la sua prima missione, consistente in un orbiter, un lander e un rover, Per la fine degli anni 20’ è prevista una ambiziosissima missione di sample return da Marte. Questa missione dovrebbe sempre essere lanciata con un Lunga Marcia 9.

Se il progetto Apollo negli anni sessanta da parte degli Stati Uniti è assomigliato alla corsa di un centometrista, il programma cinese assomiglia alla corsa di un maratoneta. Giro dopo giro, tappa dopo tappa, successi costruiti sulle spalle di altri successi, ma anche imparando dai fallimenti. Per un programma che non si esaurisce in fantastico ma brevissimo decennio, ma che ha l’ambizione di essere sostenibile, e durare. Fino alla conquista di Marte e del sistema solare. Qui ci sarebbe dovuto essere un punto interrogativo. Mi piace prendermi la licenza di essere categorico. La mia personale previsione è che il primo piede umano su Marte sarà Cinese. L’alternativa è che possa essere americano, ma portato su Marte da una impresa privata come SpaceX[2]. Elon Musk ha più volte presentato i suoi piani per favorire la colonizzazione di Marte e addirittura per rendere la specie umana multiplanetaria[3]. È emblematico quello che è successo il 22 febbraio 2019. Una sonda costruita per allunare è stata lanciata dalla Florida dopo ben 48 anni dall’ultima. Era il 7 dicembre 1972. Stava partendo quella che sarebbe stata l’ultima missione Apollo, Apollo 17. Io avevo appena compiuto 13 anni ed ero sicuro che la NASA in un decennio o forse poco più avrebbe costruito una base sulla Luna e che avrebbe sbarcato qualche astronauta almeno su Marte. All’epoca io come i miei coetanei guardavamo alla televisione la domenica pomeriggio UFO, o Spazio 1999 destinazione base lunare Alpha (non c’era youtube, le smart TV o Netflix, i programmi li dovevi vedere quando li trasmettevano, cosa inconcepibile per un ragazzo di oggi), e davamo per scontata la conquista dello spazio. Se qualcuno mi avesse detto che ci sarebbero voluti quasi cinquanta anni per lanciare di nuovo un lander lunare, e per di più senza astronauti a bordo, lo avrei preso per pazzo. E ancora di più se mi avesse detto che a lanciare il lander sarebbe stata un’impresa privata (SpaceX) e non la NASA, e che anche il lander sarebbe stato costruito da un’impresa privata, e per di più israeliana (Israel Aerospace Industry, IAI, per SpaceIL). Non solo io, ma nessuno, dico nessuno, avrebbe potuto prevederlo. La realtà come sempre supera, e in questo caso di molto, l’immaginazione. Il lander di IAI è arrivato sulla luna l’11 aprile 2011 ma purtroppo il sistema di propulsione che doveva frenarne la discesa non ha funzionato a dovere e il lander si è schiantato al suolo. In tutti i casi questo è stato probabilmente il tappo che è saltato dal collo della bottiglia. IAI stessa ha firmato un contratto con l’industria aerospaziale tedesca OHB per lo sviluppo congiunto di tecnologia in grado di portare carichi utili sulla Luna da offrire all’ESA. Il 6 settembre 2019 ha visto un nuovo tentativo di allunaggio soffice da parte di un’altra nazione emergente, l’India. Purtroppo anche questo tentativo è fallito, quando ad appena 2 km dal suolo lunare si sono perse le comunicazioni con il lander Vikram. Dal canto suo la NASA nel novembre 2018 ha selezionato nove aziende statunitensi (da colossi come Lockeed Martin Space, a piccole startup) per lo sviluppo di lander lunari, capaci di portare sulla superfice lunare strumenti scientifici ed attrezzature NASA. Sta anche incaricando sempre l’impresa privata di sviluppare un sistema di trasposto anche per astronauti dalla Luna al Deep Space Gateway, la piccola stazione spaziale che la NASA vuole costruire in orbita lunare. L’esplorazione della Luna e dello spazio profondo probabilmente non potrà più fare a meno del coinvolgimento dell’imprenditoria privata. Di questo parere è anche uno degli ultimi astronauti viventi che hanno calpestato il suolo della Luna, Buzz Aldrin, che valuta come più economica e fattibile l’esplorazione dello spazio profondo con il coinvolgimento delle industrie di New Space (SpaceX, Blue Origin), oltre a quelle storiche come Lockeed Martin, Boeing e Notrop-Grumman[4].

Musk e SpaceX stanno già sviluppando un razzo enorme, il Big Falcon Rocket (BFR, dove l’acronimo spesso è usato in modo diverso: Big Fucking Rocket. Recentemente il razzo è stato rinominato Starship, il secondo stadio che include anche la navicella spaziale, e Super Heavy, il primo stadio e booster principale), del diametro di 9m e con una capacità di lancio simile a quella del Saturn V. Il grandissimo vantaggio di BFR rispetto ai competitori (il nuovo razzo della NASA SLS, oltre al Lunga Marcia 9) è la sua completa riutilizzabilità, che dovrebbe rendere il costo di ogni lancio relativamente più basso. La competizione tra Cina e SpaceX sembra però quasi insensata. Da una parte una superpotenza mondiale, che tra una quindicina d’anni solamente sorpasserà pure gli Stati Uniti come prodotto interno lordo. Dall’altra un imprenditore e una industria certamente iper-dinamici e innovativi, ma pur sempre a risorse limitate. SpaceX deve trovare i fondi per sostentarsi sul mercato o da contratti con il governo degli Stati Uniti. Può anche sopportare un certo numero di fallimenti, come ha fatto negli scorsi anni 2015 e 2016 quando due Falcon 9 sono esplosi o subito prima o durante il lancio. Ma quando la dimensione delle infrastrutture cresce, come nel caso di Starship/Super Heavy, cresce anche il costo di eventuali fallimenti. E cresce pure la potenziale sfiducia che questi possono iniettare sul mercato, diminuendo ancora di più le risorse. Anche il programma spaziale cinese ha sofferto fallimenti. L’ultimo e più clamoroso durante il secondo lancio del nuovo e potente razzo Lunga Marcia 5 nell’autunno del 2017. Questo ha determinato un ridisegno della turbopompa che alimenta il motore principale e uno stop di più di un anno sui programmi per questo lanciatore. Ma certamente un fallimento di questo tipo non intacca il programma a medio e lungo termine. Chi vincerà questa gara? La Cina ha tutte le carte in regola, soldi, tanti soldi, un programma di lungo respiro, tecnologia allo stato dell’arte. Ma non è saggio sottovalutare l’outsider (o gli outsiders, perché oltre a SpaceX diversi altri imprenditori e nuove industrie hanno programmi ultra-ambiziosi, primo tra tutti Jeff Bezos, che dopo essere diventato l’uomo più ricco del mondo con la sua Amazon, ha investito parte dei sui soldi in Blue Origin, che come manifesto ha il seguente: “a future where millions of people are living and working in space”.[5]  Bezos è convinto che per l’uomo è necessario andare nello spazio per proteggere il pianeta da dove proviene. Per questo motivo la sua compagnia si chiama Blue Origin, blu, come il pianeta da cui proveniamo. Siccome le risorse del nostro pianeta sono dopo tutto sicuramente finite, rimanerci ancorati sopra può significare solo una civiltà che smette di progredire. Significa risorse razionate, la necessità di non poter più crescere, né numericamente né qualitativamente. Dice Bezos: il sistema solare, non la Terra, possono sostenere trilioni di essere umani, e tra questi avremo migliaia di Mozart e di Einstein. Pensate quanto incredibile e dinamica può essere una civilta multiplanetaria come questa. Il contributo di Bezos a questa visione, Blue Origin, è la creazione di una infrastruttura, complessa e costosa come quella che include potenti razzi per portare nello spazio decine o centinaia di tonnellate per lancio, per consentire a imprenditori intraprendenti di lavorare nello spazio e di cominciare a sfruttarne le potenzialità anche economiche. Una analogia chiarisce molto bene il concetto. Le società che oggi hanno il maggiore fatturato al mondo sono Microsoft, Apple, Google, Amazon, Facebook. Nessuna di queste sarebbe potuta nascere e prosperare in assenza di infrastrutture costose e complicate come internet, il World Wide Web, le transizioni finanziarie basate sul credito (le carte di credito e di debito), etc. Tutte e cinque le società sono letteralmente nate in qualche piccolo garage, da ragazzi di poco più di venti anni, praticamente senza risorse finanziarie. Ma con grandi idee e una potente capacità di visione. Non avrebbero potuto riuscire senza le infrastrutture presenti sul territorio. Bezos, come Musk e altri oggi attivi nello spazio, vogliono costruire queste infrastrutture, che nel futuro vicino o lontano potranno essere usate da qualche ragazza o ragazzo con pochi soldi ma tanta immaginazione e intraprendenza. Di certo stiamo entrando molto velocemente in una nuova era per la conquista dello spazio, quella che gli addetti ai lavori chiamano Space 4.0.

La prima era della conquista dello spazio, Space 1.0 può essere considerata quella inaugurata dalle osservazioni di Galileo all’inizio del 1600 e proseguita fino a una sessantina di anni fa, quando prima i sovietici e poi gli americani hanno mostrato che nello spazio ci si può anche andare, oltre che osservarlo dalla Terra. La seconda era è concisa con il programma Apollo, quella corsa da centometrista che ha portato l’Uomo sulla Luna in meno di un decennio. La terza era è quella simboleggiata dalla Stazione Spaziale Internazionale (o dalle stazioni spaziali, se vogliamo includere anche la MIR sovietica e le Tiangong cinesi), ovvero dal fatto che da un paio di decenni la presenza dell’Uomo in orbita terrestre è costante e non episodica. La quarta era è quella che stiamo cominciando a vivere oggi, quando lo Spazio sta evolvendo da riserva di pochi governi (Stati Uniti, Russia, Europa), e poche grandi industrie (soprattutto Boeing, Lockeed Martin, Nortrop-Grunman negli Stati uniti, Tales Alenia Space e Airbus in Europa), ad una arena che ospita centinaia se non migliaia di attori, che includono industrie grandi, medie e piccole, Università e centri di ricerca, e nuovi paesi che si affacciano all’esplorazione e all’utilizzo dello spazio (il Giappone e l’India oltre alla Cina già oggi, la Korea forse domani).  La democratizzazione dello Spazio potrà essere uno dei volani per rilanciare la scienza in questi anni così incerti?


Prossima pubblicazione: 23 febbraio 2020. 7. Qualie scienza e’ davvero utile?


[1] Nature volume 552, pages 63–66 (07 December 2017),

[2] https://www.spacex.com

[3] https://www.youtube.com/watch?v=H7Uyfqi_TE8 , https://www.youtube.com/watch?v=tdUX3ypDVwI

[4] https://arstechnica.com/science/2019/07/buzz-aldrin-is-looking-forward-not-back-and-he-has-a-plan-to-bring-nasa-along/

[5] https://www.blueorigin.com