1. Il dibattito classico: L’utilità della scienza inutile

Il dibattito sull’utilità (o meno) della scienza e della ricerca non lo ha inventato l’Onorevole Bellotti, e neanche il Presidente Trump. Il dibattito è certamente di vecchia data. Si può dire che è sempre esistito, almeno da quando esiste la scienza moderna. Un aneddoto che viene spesso raccontato riguarda la risposta che Faraday, lo scopritore dell’induzione elettromagnetica, diede al ministro delle finanze britannico che, nel 1850, gli chiedeva quale fosse il valore pratico dell’elettricità. Faraday replicò: “Signore, non ne ho la più pallida idea, l’unica cosa che so è che un giorno voi la potrete tassare”. Questa risposta contiene le radici dei concetti elaborati nel corso degli anni da molti pensatori. Tra questi certamente Abraham Flexner, forse il più grande educatore vissuto negli Stati Uniti, e il fondatore del Institute of Advanced Study di Princeton, che gli americani con un po’ di supponenza chiamano semplicemente “The Institute”, nel senso che questo è il solo Istituto con la I maiuscola degno di essere identificato senza altri inutili aggettivi. Nel 1939 Flexner scrive un saggio sull’Harpers Magazine, “The Usefulness of Useless Knowledge”[1]. La sua visione è chiara: “Scienziati senza doveri di insegnamento o amministrativi, così che possano concentrarsi su pensieri profondi, il più lontano possibile da problemi contingenti e da applicazioni pratiche…”. Sembra quasi un paradiso! O una torre d’avorio. Ricorda la Vulcanian Academy of Science, della serie Star Trek, dove gli scienziati Vulcaniani si riuniscono in meravigliosi templi dedicati al Sapere, e meditano su questioni profonde. Oppure, più seriamente, ricorda la definizione di Ozio Creativo di Domenico De Masi: “Quando il  lavoro per produrre ricchezza, lo studio per produrre conoscenza, il gioco per produrre benessere si ibridano e si confondono consentendo l’atto creativo[2]. Ecco, a me sembra che questa sia veramente la migliore definizione possibile del lavoro di uno scienziato. Almeno del mio di lavoro. Ma purtroppo le cose sono andate differentemente da quanto immaginato da Flexner. Proprio quando lui pubblicava il suo saggio, Albert Einstein che era l’ospite più illustre dell’Institute creato da Flexner, scriveva al Presidente Roosevelt la famosa lettera in cui diceva che con l’energia atomica si potevano anche costruire le più potenti armi mai viste al mondo, gli scienziati di Hitler stavano già studiando il problema, e che sarebbe stato il caso che anche gli Stati Uniti iniziassero ricerche in questo senso, se non volevano rischiare di rimanere annientati. Ospite dell’Institute era anche von Neuman, l’inventore dei calcolatori elettronici, che al riguardo commentava: “penso a qualcosa molto più importante delle bombe: computers”. E di fronte alla terza rivoluzione industriale, cominciata proprio dalla sua invenzione negli anni 40, e alla quarta, in corso proprio oggi, non si può non dargli ragione. In tutti i casi, gli scienziati si erano sporcati le mani. Erano usciti dalle torri d’avorio e avevano già cambiato la storia e la società con le loro invenzioni: l’energia nucleare, i computers.

Flexner sostiene che la ricerca di base guidata dalla curiosità e dall’immaginazione è il seme essenziale per la scoperta di tecnologie rivoluzionarie, in grado di trasformare la società. Se Maxwell non avesse scoperto le equazioni omonime e se Hertz non avesse eseguito esperimenti per confermare che la soluzione di queste equazioni rappresenta un’onda che viaggia alla velocità della luce, non ci sarebbero oggi la radio, la TV, le trasmissioni wireless e via dicendo. Senza una teoria così oscura come la meccanica quantistica (Richard Feynman, premiato con il Nobel per il suo lavoro fondamentale sull’elettrodinamica quantistica, scherzava ma non troppo dicendo: “penso di poter affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica”), non ci sarebbero applicazioni in elettronica, chimica, energia atomica, non ci sarebbero i laser. Si calcola che circa il 30% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti è fatto da applicazioni in qualche modo connesse con la meccanica quantistica. Senza la scoperta dell’effetto fotoelettrico da parte di Albert Einstein nel 1905 non esisterebbero i pannelli solari, e i sensori CCD presenti ormai a miliardi in tutti gli smartphones. Senza le correzioni calcolate grazie alla relatività speciale e generale di Einstein il GPS funzionerebbe con un errore talmente grande da renderlo inutilizzabile. E si potrebbe continuare per molte pagine con esempi di questo tipo. La conclusione di Flexner è quindi ovvia, certamente sì, la scienza di base, la scienza inutile è più che utile; il mondo nel quale viviamo sarebbe molto diverso se non ci fosse stata questa scienza. Infatti, lord Porter, premio Nobel per la chimica nel 1965, sosteneva che non esiste dicotomia tra scienza di base e scienza applicata. Esiste solo scienza applicata e scienza non ancora applicata, nel senso che possono passare anni, decenni, anche secoli tra una scoperta e la sua applicazione pratica.

La seconda pietra miliare nel dibattito sull’utilità della scienza è il “Report” al Presidente Roosevelt “Science, the endless frontier”, scritto da Vannevar Bush, direttore del Office of Scientific Research and Development (OSRD) nella prima meta’ del 1945[3]. Vannevar Bush fu un ingegnere e inventore, che diresse durante la seconda guerra mondiale l’OSRD, l’organismo che gestì tutte le attività di ricerca e sviluppo durante la guerra, e che tra le altre cose iniziò il progetto Manhattan per lo sviluppo dell’energia e delle armi atomiche. Come è noto, non è assodato se fu la bomba atomica a far vincere agli Stati Uniti la guerra, secondo molti gli USA la avrebbero vinta comunque, è però sicuro che la seconda guerra mondiale avrebbe avuto un esito completamente diverso senza l’invenzione prima e l’applicazione poi del Radar su terra, mare e cielo. E questa fu solo una tra le tante innovazioni tecnologiche ottenute nell’ambito dell’OSRD. Tra le altre cose, anche la radioastronomia moderna si basa proprio sulle scoperte effettuate durante il conflitto mondiale in quell’ambito. Molti tra i primi radio-astronomi, in particolare a Cambridge (UK) e CSIRO (Australia) furono ingegneri esperti in radar e radio che avevano servito durante il conflitto. Lo stesso Karl Jansky, il primo ad effettuare osservazioni del cosmo in onde radio, era un dipendente dei Bell Laboratories, il famosissimo laboratorio di ricerche di base che ha prodotto fin ora ben otto premi Nobel, creato all’inizio del 900’ da Theodore Vail, amministratore delegato di AT&T e primo collaboratore di Bush nell’OSRD.

Più del 50% degli scienziati negli stati uniti durante la guerra e negli anni seguenti, caratterizzati dalla guerra fredda, hanno lavorato su programmi militari, gestiti per lo più da OSRD. Interessante quanto il report è la lettera con cui il presidente Roosevelt richiede le raccomandazioni di Vannevar Bush e del suo comitato. Il Presidente chiede consiglio e raccomandazioni sui seguenti quattro punti:

1) come fare si che si possa rendere noto a tutto il mondo il più presto possibile i contributi al sapere scientifico che sono stati prodotti durante lo sforzo bellico;

2) come continuare la “guerra della scienza alle malattie”, come organizzare il lavoro che in futuro dovrà essere fatto dalle scienze mediche;

3) cosa può fare il governo oggi e in futuro per aiutare la ricerca sia da parte di istituzioni pubbliche che private;

4) che programma si può attivare per scoprire e coltivare il talento scientifico nella gioventù Americana, così che questi possano in futuro continuare la ricerca scientifica in questo paese a un livello confrontabile con quello raggiunto durante la guerra.

Per uno scienziato come me è emozionante riscoprire il livello di profondità di pensiero e di visione del Presidente Roosevelt. E non riesco ad evitare il confronto con i politici dei giorni nostri, americani o europei o italiani, che come accennato nel prologo o della scienza non si fidano, o nella migliore delle ipotesi la tollerano a parole, senza poi spesso far seguire a queste atti concreti. Roosevelt al contrario si fida degli scienziati e chiede loro raccomandazioni, per mettere le basi, tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, di quello che sarà il boom americano a livello di progresso tecnologico ed innovazione. Aveva già capito che la ricerca sarebbe stata cruciale per vincere la guerra, ora vuole usare la scienza per vincere anche la pace.

Il “report” inizia con la frase: SCIENTIFIC PROGRESS IS ESSENTIAL (a caratteri maiuscoli). Traduco qui di seguito il primo paragrafo perché non potrei riassumere il concetto in maniera più sintetica ed efficace di come ha fatto Bush: “I progressi nella guerra contro le malattie dipendono dal flusso di nuove conoscenze scientifiche. La concezione di nuovi prodotti, nuove industrie e creazione di più lavoro richiedono di migliorare continuamente la conoscenza delle leggi della natura e l’applicazione di tali conoscenze per scopi pratici. Allo stesso modo, la nostra difesa contro le aggressioni richiede nuove conoscenze in modo da poter sviluppare armi nuove e migliori delle precedenti. Tutte queste essenziali nuove conoscenze possono essere ottenute solo attraverso la ricerca scientifica di base. La scienza può essere efficace nel migliorare il benessere nazionale, indipendentemente dal fatto che le condizioni siano pace o guerra. Senza progresso scientifico nessun risultato in altre direzioni può assicurare la nostra salute, prosperità e sicurezza come nazione nel mondo moderno.”

Bush continua dicendo che la responsabilità della ricerca in medicina, fondamentale nella guerra contro le malattie, ricade sulle “medical schools” e sulle Università, che devono essere finanziate per la maggior parte direttamente dal governo. Circa il benessere pubblico, l’obiettivo dichiarato è la piena occupazione, che si può raggiungere tramite la creazione di molte nuove imprese, che devono essere però fondate su nuovi principi e nuove concezioni, che a loro volta derivano dalla ricerca scientifica di base. I progressi della scienza significano più posti di lavoro, salari più alti, orari di lavoro più corti, più tempo libero per svago, per studio, per godere della vita senza il faticoso lavoro mortale che è stato il peso dell’uomo comune per secoli. Concetti simili si trovano in molta letteratura specializzata del 900’, e anche in quella italiana, fino al già citato Domenico de Masi[4]. La ricerca di base è il “capitale” scientifico. Chiaramente, una maggiore e migliore ricerca scientifica è essenziale al raggiungimento del nostro obiettivo di piena occupazione. Il vero serbatoio per la produzione di nuove conoscenze scientifiche e le loro applicazioni nella guerra contro le malattie e lo sviluppo di nuovi prodotti e nuove industrie, è il numero scienziati addestrati disponibili. Ma far crescere uno scienziato è un’operazione lunga e costosa. Oggi chi non si può permettere di comprarsi una istruzione rischia di rimanere senza. Invece, se l’abilità, e non la ricchezza familiare determinerà chi riceverà un’istruzione superiore in scienze, noi avremo assicurato il costante miglioramento della qualità dell’attività scientifica. Il governo dovrebbe fornire quindi un numero ragionevole di borse di studio universitarie per lo sviluppo del talento scientifico nella gioventù americana.

Conclude che la sua raccomandazione maggiore è quella di istituire una nuova “agenzia” per raggiungere tutti questi scopi. La nuova agenzia dovrebbe avere stabilità di fondi così che possano essere intrapresi programmi a lungo raggio. L’Agenzia deve riconoscere l’importanza di preservare la libertà di ricerca e deve lasciare il controllo della ricerca alle istituzioni in cui questa è perseguita. Secondo Bush finanziamento governativo della ricerca di base è il “pacemaker” del progresso tecnologico. Il report di Bush e in particolare questa raccomandazione furono fondamentali per la creazione della National Science Fundation nel 1950, con la missione di promuovere il progresso della scienza; il miglioramento della salute, della prosperità e del benessere nazionali; e per garantire la difesa nazionale. La NSF oggi distribuisce ogni anno circa 8 miliardi di $ per ricerca di base negli Stati Uniti. In conclusione, sia tra i pensatori dello scorso secolo, e in buona parte anche tra i politici e i governi, almeno fino alla caduta del muro di Berlino o all’inizio della quarta rivoluzione industriale, era ovvio che la scienza e la ricerca non solo erano utili, ma erano indispensabili, non solo e non tanto per fini culturali, ma proprio come motore per garantire e migliorare il benessere della società. Quello che vogliamo ora cercare di capire è se questo è ancora valido oggi, nel pieno della quarta rivoluzione industriale, ovvero la compenetrazione tra mondo fisico, mondo digitale e mondo biologico.

Prossima pubblicazione: 19 gennaio 2020. 2. Il finanziamento della scienza (di base) e i trend storici


[1] Abraham Flexner, The Usefulness of Useless Knowledge, 2017 Princeton University Press

[2] Domenico De Masi, Maria Serena Palieri, Ozio Creativo, 2000 Rizzoli Saggi Italiani

[3] Science, the Endless Frontier, https://www.nsf.gov/about/history/vbush1945.htm

[4] Domenico De Masi, Una rivoluzione semplice, 2016, Rizzoli