11. Un esempio, il migliore, di scienza competition-driven: il sistema ERC

L’European Research Council (ERC) è stato fondato nel 2007 con lo scopo di finanziare ricerca di punta in Europa, in particolare ricerca ad alto rischio ma potenzialmente ad altissimo ritorno (high-risk/high-gain). Ricercatori di tutte le discipline possono applicare al programma per intraprendere ricerche alla frontiera della conoscenza, con il solo vincolo di dover lavorare in uno dei paesi dell’Unione Europea o in paesi associati. I ricercatori possono competere per quattro livelli, Starting, Consolidator e Advanced grant, in funzione della loro anzianità, e Synergy dove sono finanziate ricerche interdisciplinari presentate da due o tre Principal Investigator (PI). I progetti sono selezionati da commissioni di pari (peer review panels) sulla base dell’eccellenza del progetto e del PI che lo ha presentato. I progetti di ciascun livello sono divisi in 25 peer review panels, che fanno parte di tre macro-aree: Scienze della Vita, Scienze Fisiche e Ingegneria, Scienze sociali e umane. Dulcis in fundo, il livello di risorse messo a disposizione è altissimo, 13.1 miliardi di Euro per il periodo 2014-2020, che saliranno a circa 16 miliardi di Euro nel periodo 2021-2027.

Sulla base dei tre indicatori citati sopra l’ERC è probabilmente il modello di competition-driven science migliore al mondo. Se vogliamo avere un’idea dell’impatto della scienza competition-driven, è quindi naturale chiedersi se gli alti scopi che sono alla base della costituzione dell’ERC siano stati poi effettivamente raggiunti, o comunque quale sia l’impatto sui paesi Europei di un investimento così cospicuo su ricerca di base. 

Il sistema ERC stesso nel corso degli anni si è posto il problema di verificare quali siano i risultati del programma, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, usando lo stesso approccio. Nel 2015 ERC pubblica il report, Comparative scientometric assessment of the results of ERC funded project[1], nel quale cerca di rispondere, in maniera quantitativa, a tre questioni fondamentali:

  1. Il sistema ERC basato sulla peer review è davvero in grado di selezionare i migliori candidati tra quelli che hanno sottomesso una proposta?
  2. I fondi investiti dall’ERC sui candidati vincenti hanno aiutato a migliorare la produzione scientifica e l’impatto dei ricercatori vincenti?
  3. Il sistema ERC funziona meglio o peggio di altri sistemi di finanziamento di ricercatori europei o statunitensi?

La prima domanda viene affrontata confrontando la produzione scientifica dei vincitori di un ERC con quella di chi ha presentato domanda ma non è stato selezionato. I ricercatori non selezionati sono divisi in due gruppi, quelli che hanno avuto accesso al secondo livello di selezione, e quelli che sono stati respinti direttamente al primo livello. Analizzando i risultati degli anni dal 2007 al 2011 inclusi il risultato è che in media i vincitori di un ERC hanno una migliore produttività sia di chi è stato ammesso al secondo livello di selezione ma non finanziato, sia di chi è stato escluso direttamente al primo livello. Questo però non è vero per tutte e 25 le aree di ricerca in cui è diviso il programma ERC. Per sette aree di ricerca i ricercatori con la migliore produttività sono quelli esclusi al secondo livello e per una area addirittura quelli esclusi al primo livello (scienze sociali e umani, quinta area). Non posso non notare che l’area di ricerca che mi riguarda (Astronomia e Astrofisica, PE9) è tra quelle per le quali i ricercatori con la migliore produttività non sono i vincitori ma quelli esclusi al secondo livello di selezione.  

La seconda domanda viene affrontata valutando la produzione scientifica dei vincitori di un ERC prima e dopo la vincita. Mentre il numero di lavori pubblicati dopo la vincita di un ERC grant è sempre maggiore di quelli pubblicati prima, l’impatto dei lavori pubblicati dopo la vincita non è significativamente maggiore dell’impatto dei lavori pubblicati prima. La conclusione che onestamente gli autori dello studio raggiungono e scrivono nelle conclusioni è che “… i dati bibliometrici non forniscono evidenza di un impatto significativo del finanziamento ERC sulla produzione scientifica dei vincitori sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo”.

La terza domanda viene affrontata confrontando la produzione scientifica dei vincitori di un ERC con quella dei vincitori di grant da parte di altre agenzie ed enti di finanziamento europei e statunitensi. Il risultato è che la produttività dei vincitori di ERC nella macro-area Scienze Fisiche e Ingegneria è migliore di quella dei vincitori di grant della National Science Foundation (NSF) statunitense, mentre per la macro-area Scienze della vita la produttività dei vincitori di ERC è simile a quella dei vincitori di grant del National Institute of Health (NIH) statunitense, e minore di quelli dell’Howard Hughes Medical Institute.

Nel 2018 l’ERC ha pubblicato il rapporto Qualitative evaluation of completed projects funded by the ERC[2]dove si analizzano i risultati di 155 progetti ERC completati, e si vuole valutare se questi progetti hanno raggiunto lo scopo di produrre scienza di alto livello. Ai valutatori è stato chiesto di raggruppare i progetti in quattro categorie: 1) scientific breakthrough; 2) avanzamento molto significativo; 3) contributo incrementale; 4) nessun contributo apprezzabile. Il risultato globale è stato che il 25% dei progetti è stato valutato nel grado migliore, il 48 % nel secondo grado, e il 26% nel terzo grado (il rimanente 1% non ha prodotto risultati apprezzabili).  

E’ necessario sottolineare e commentare i risultati oggettivi del primo report. Per farlo, è utile contestualizzare il discorso e arricchirlo di qualche altro dato, sempre fornito da ERC stesso. Durante il ciclo Horizon 2020 (2014-2020) sono stati assegnati 7567 grants (mancano al totale solo gli advanced grants 2020, la ragione sarà chiara nel seguito). Di questi, 835 sono andati in Francia, 1208 in Germania, 1367 nel Regno Unito e 426 in Italia. Tradotto in Euro, significa che circa 1,4 miliardi di Euro sono andati in Francia, circa 2 miliardi sono andati in Germania, circa 2,3 miliardi di Euro sono andati in UK e solo 730 milioni di Euro sono venuti in Italia. Il differenziale con la Francia o la Germania, tra 700 milioni di Euro e un miliardo di Euro corrisponde piu’ o meno a tutti i fondi investiti in Italia da MIUR prima e dal MUR poi nei progetti PRIN. O circa 100-130 milioni di Euro l’anno, ovvero tra il 6% e il 10% del Fondo di Funzionamento Ordinario di tutti gli enti di ricerca in Italia. Per non rischiare di parlare di cose che conosco poco mi limiterò a discutere solamente dati relativi alla macro-area di Scienze Fisiche e Ingegneria (PE) o alla sottosezione di Astronomia e Astrofisica (PE9). Dal 2007 al 20197 inclusi sono stati assegnati in PE un totale di 4418 grants, 2079 starting, 1003 consolidator, 1336 Advanced. Per PE9 i numeri sono 340 grants in totale, 139, starting, 92 Consolidator, 109 advanced. La tabella che segue riporta la divisione dei grant per nazione.

 ItaliaFranciaGermaniaUKOlandaSpagnaTot
Proposte PE nel paese46384338493164951844322638818
Vincitori PE nel paese2616436037963342524418
% vincitori PE/ proposte5.614.812.212.27.67.811.4%
% vincitori  PE nel paese 5.914.613.618.07.55.7 
Proposte PE9 nel paese2963753847821612002957
Vincitori PE9 nel paese215844873412340
% vincitori PE9 / proposte7.115.411.411.121.16.011.5%
% vincitori PE9 nel paese6.217.112.925.610.03.5 

La prima costatazione che si può fare è molto ovvia. Il sistema ERC è davvero un sistema competitivo! In media solo 1 proposta su 9 riesce ad arrivare al finanziamento.

L’Italia è riuscita ad accaparrarsi solo il 5.9 % dei grant distribuiti in PE (6.2% in PE9), una frazione esattamente la metà della media, e circa 2-3 volte minore di quella di Francia, Germania e UK. Il numero totale di proposte sottomesse è stato però simile a quello di Francia e Germania, e solo poco minore a quello delle proposte UK. Il che è di per se una cosa rimarchevole, dato il minor numero totale di ricercatori in Italia rispetto a queste nazioni, vedi Capitolo 3.

E veniamo agli Advanced Grant  2020. In questa tornata nella categoria PE, Physics & Engineering sono stati assegnati 93 grant (da circa 2Meuro l’uno, quindi un totale di circa 180 milioni di euro. Di questi 93 Grant 18 sono andati in Germania, 14 in Francia e 17 nel Regno Unito). E in Italia? L’Italia non c’e’. ZERO grant italiani. Cioe’ mentre nei paesi citati sono confluite cifre dell’ordine di 20-30 milioni di euro per paese solo nel 2020 e solo per questo programma, in Italia non è arrivato neanche un centesimo. Possibile?

In fisica in generale, e anche in astrofisica e fisica dello spazio, l’impatto e la rilevanza della comunità italiana, misurato come articoli e citazioni su riviste con referee, è simile a quello dei ricercatori Francesi, e poco minore di quello dei ricercatori Tedeschi e del Regno Unito, certamente non di fattori 2-3. E’ necessario quindi spiegare in un altro modo la apparente minore capacità italiana di accedere ai finanziamenti ERC rispetto ai colleghi Francesi, Tedeschi e del Regno Unito. Ci sono almeno tre aspetti che vanno considerati a questo riguardo. 

Il primo è che i numeri in tabella si riferiscono ai vincitori che eleggono come loro sede di ricerca una data nazione. E Il numero di vincitori italiani che elegge come sede di lavoro un istituto o università straniero è maggiore del numero di vincitori stranieri che elegge come sede un istituto o una università italiana. Ad esempio, nella lista Advanced Grant 2020 ci sono 6 italiani, che però hanno scelto una università o un istituto fuori dall’Italia per svolgere le loro ricerche. Questo fattore incide per circa il 20-50%, e quindi non spiega completamente differenze del 200-300%.

Il secondo elemento da considerare è la composizione delle commissioni di valutazione. Per fare un esempio, tra il 2008 e il 2019 ci sono state 12 commissioni di valutazione per il settore PE9 Avanced Grant per un numero complessivo di 145 “sedie”. Il numero complessivo di ricercatrici e ricercatori coinvolti è stato 57, e tra questi solo 3 sono italiani, che lavorano in Italia. Ma il dato più importante probabilmente è un altro. Il ricambio medio tra una commissione e la seguente è stato del 28%, cioè di circa 3 persone su una commissione di 11-12 membri.  In conclusione, tra poche e pochissime persone analizzano e giudicano le proposte, e queste persone sono state per lo più le stesse negli ultimi 12 anni (almeno per quello che riguarda gli advanced grant PE9). Un sistema che ricorda molto l’oligarchia. E in questo sistema evidentemente gli italiani non brillano particolarmente per capacità di vincere grant. 

Quale che sia la ragione per cui i ricercatori italiani riescono a portare nei nostri istituti finanziamenti 2-3 volte minori dei colleghi di questi paesi quando sottomettiamo un numero analogo di proposte e quando l’impatto scientifico dei nostri lavori e sostanzialmente simile a quello dei nostri colleghi europei, mi sembra evidente che sia assolutamente necessario lavorare per ridurre ed eliminare questa penalità, che è utile ripetere si aggira tra le molte centinaia di milioni di euro e il miliardo di euro in 7 anni e che si aggiunge beffardamente al fatto che in UK, Francia e Germania il finanziamento nazionale per la ricerca è maggiore di quello italiano. Il problema è probabilmente di sistema, sia della nostra limitata capacità di far attivamente parte dell’oligarchia di cui sopra, sia della mancanza di supporto attivo ed efficace ai ricercatori che scrivono proposte (un supporto che specie nel Regno Unito è fortissimo, ed è forte anche in Francia e Germania). Investire di più e meglio per aumentare quantità e qualità del supporto alle proposte italiane sarebbe una strategia win-win sia per il Ministero dell’Università e della Ricerca, sia da parte delle Università e degli enti di ricerca, perché’ moltiplicando le entrate esterne potrebbero meglio e più efficientemente investire i limitati fondi interni (come avviene nel Regno Unito, vedi capitolo 2). 

Che l’Italia paghi una grossa penalità (100-130 milioni di euro l’anno) nel contesto dei finanziamenti ERC è un fatto facilmente  accertabile, basta guardare i numeri. Perché’ il MUR, le Università e gli enti di ricerca non intervengano con politiche efficaci per invertire la tendenza è molto più difficile da capire, non si possono usare semplicemente i numeri. Voglio lo stesso azzardare un paio di possibilità. Per quello che riguarda il MIUR prima e il MUR oggi è un fatto che i ministri che si sono succeduti negli ultimi 15 anni per vari motivi sono riusciti a rimanere nella posizione solo per poco tempo, uno o due anni. Mettere in pratica una politica nazionale efficace di supporto ai ricercatori richiede probabilmente molto più tempo. Purtroppo l’Università e la ricerca in Italia sono cenerentole del gran ballo della politica, e i problemi esposti in questo capitolo sono solo una parte di quelli che affliggono ogni neo ministro o ministra all’insediamento. Circa gli enti di ricerca non voglio parlare di quelli che non conosco direttamente e quindi posso esprimere un parere solo sull’INAF nel quale lavoro. Il supporto nella preparazione delle proposte è solo amministrativo, molto lontano come quantità e qualità da quello che succede negli istituti e nelle Università europee. Investire per creare un supporto adeguato è ovviamente possibile ma non è mai stato fatto con convinzione. Ma c’è di peggio. Quello che normalmente succede nel mio istituto e le future vincitrici e vincitori che lo indicano come  istituto di riferimento in fase di proposta, poi una volta portato a casa il grant sistematicamente migrano verso una Università. Il motivo è banale, ed è la molto migliore possibilità di carriera nelle Università. E’ sicuramente vero che questo è un problema comune anche agli altri enti di ricerca italiani, ma pure vero che nel mio istituto non si è fatto sistematicamente nulla negli anni per attrarre i vincitori di ERC, non è semplice ma possibile, la realtà è che questa non è mai stata una priorità.

In tutti i casi, a prescindere dalla capacità o incapacità italica, volontà o disinteresse nostrano ad attrarre finanziamenti ERC, un maggiore ricambio delle commissioni valutatrici non può che essere utile, e quindi auspicabile, anche per garantire che temi di ricerca nuovi non vengano penalizzati da panel conservatori, e quindi che il sistema ERC davvero riesca a finanziare per lo più progetti high-risk/high-gain.


[1] https://erc.europa.eu/sites/default/files/document/file/ERC_Bibliometrics_report.pdf

[2] https://erc.europa.eu/content/qualitative-evaluation-completed-projects-funded-european-research-council-2018

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